LE VOCI DAL CAMPO...
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"Io penso che sia importantissimo il contributo dei non donatori all’interno dell’Associazione, perché possono fornire un aiuto significativo in altro modo. I non donatori dovrebbero partecipare attivamente a manifestazioni e attività di promozione e coinvolgimento".
"Secondo me ci sono troppi soldi in Avis e questo spesso costituisce un problema. In alcuni casi non è facile distinguere il volontariato da attività profit. Ci sono delle sedi che fanno raccolta, che hanno effettivamente dei bilanci da capogiro. E non sempre questi soldi vengono utilizzati per fare la promozione, per organizzare la chiamata ecc. ma vengono investiti in altro modo e non vengono adeguatamente suddivisi sul territorio.
Noi abbiamo un assessore che voleva fare una legge sul volontariato relativa ai contributi da dare alle associazioni, gliel’abbiamo contestata subito. Io ho cominciato a riunire tutto il volontariato che si occupa del socio-sanitario e insieme agli altri rappresentanti delle associazioni abbiamo creato una rete cercando di spiegare che i contributi devono essere dati su progetti specifici, se non ci sono dei progetti definiti, non ha senso finanziare nessuno. Siamo andati di fronte alla commissione sanità, abbiamo dato le spiegazioni della contestazione. Dopodiché loro hanno dato una taglio netto alla legge e ora la stanno rifacendo. Da noi ci sono state le elezioni amministrative e qualche candidato ha pensato bene di sfruttare l’Avis per farsi pubblicità. Uno dei potenziali sindaci voleva organizzare la raccolta di sangue all’interno della sua sede di partito, ma noi ci siamo rifiutati. Non tanto per la cosa in sé, quanto perché l’Avis rischiava di diventare uno strumento utile a farsi pubblicità, e questo non può esistere".
LE DIMENSIONI IN GIOCO
Diffusione di una cultura condivisa - Diventare contaminatori positivi
“Io mi sono imposto che ogni anno almeno un conoscente Io devo coinvolgere nella donazione. Sto triturando l’anima a un mio amico, che penso mi toglierà il saluto, ma alla fine ce la farò a portarlo a donare. L’associazione e i dirigenti dovrebbero supportare e promuovere azioni di questo genere, attraverso iniziative banali del tipo ‘trova un amico all’anno’ o ‘trova un donatore all’anno’. Perché il primo veicolo per coinvolgere nuovi soci siamo proprio noi che già doniamo il sangue. Tuttavia, allo stato attuale, non c’è niente di ben organizzato a livello Nazionale che agevoli questo processo e queste azioni di coinvolgimento. Se al di là della pura e semplice iniziativa personale ci fosse anche una struttura alla base in grado di ottimizzare la promozione, si raggiungerebbero risultati migliori. Nello specifico i dirigenti potrebbero aiutarci a strutturare meglio il discorso, fornendoci delle informazioni e degli elementi in più per far capire agli altri il significato del gesto. Si potrebbero organizzare anche dei corsi di formazione per i donatori. Sarebbero un’occasione per creare gruppo e favorire il senso di appartenenza”.
"Secondo me Avis esce poco sui media, alla radio, alla televisione e sui giornali. Al contrario vedo moltissime pubblicità della Fratres, della Fidas ecc. Questo però accade solo a livello nazionale, perché poi le Avis comunali, al contrario, fanno la festa della zucchina o della patata, che viene pubblicizzata moltissimo sui quotidiani o su altri mezzi. Facendo il confronto con altre associazioni, mi viene in mente l’Admo che è nata con un donatore Avis che aveva perso il figlio a causa di una malattia. La prima attività che lui ha svolto per farsi conoscere è stata presso il banchetto che noi di Avis avevamo all’Arena di Milano, lui si è messo lì vicino. Ora Admo lo vedo dappertutto perché fa pubblicità, raccolta fondi, promozione, iniziative ecc. Avis invece? Noi siamo rimasti legati a determinati modi di fare l’associazione che sono vecchi: nello statuto e nelle persone al vertice".
"Avis potrebbe entrare di più nelle reti del volontariato ed intessere relazioni con altre associazioni no profit per fare promozione nelle scuole, per promuovere cultura e valori di solidarietà in senso più ampio. Invece molto spesso Avis coltiva il suo orticello forte delle risorse economiche a sua disposizione. Altre associazioni tendono a fare rete proprio perché ne hanno necessità. Avis invece tende ad isolarsi e a non confrontarsi con l’esterno perdendoci in ricchezza".
Rappresentatività politica e territoriale - Cose dell'altro mondo
“Il socio donatore non è ancora consapevole del forte ruolo politico dell’associazione, non è consapevole del fatto che Avis ha la capacità e la forza di interloquire con le diverse istituzioni sulla sua materia che è quella della propaganda dei valori della solidarietà, dell’altruismo, della gratuità, delle organizzazioni in ambito sanitario e della incidenza nel campo dell’educazione alla salute. Ma l’aspetto più significativo secondo me è che Avis stessa non ha la percezione della sua propria grandezza. Questo dal mio punto di vista è un problema: vedo dirigenti che a causa di questa non consapevolezza, hanno difficoltà a far capire all’interlocutore esterno la nostra importanza e la nostra forza".
"Noi siamo molto chiusi nel senso che manca all’interno di Avis una cultura dell’internazionalizzazione della donazione. A livello nazionale non c’è gente che sia in grado di rapportarsi al mondo esterno e che conosca le realtà degli altri paesi. Sarebbe bello invece che esistesse una cooperazione internazionale, perché dal mio punto di vista se non esiste una cultura di cooperazione che va oltre i confini dell’Avis, allora non esiste neanche la cultura del volontariato in senso generale. Il volontariato esiste nel momento in cui si percepisce, si ascolta e si risponde ad una richiesta di aiuto. Esiste un S.O.S. importante da parte dell’America Latina e dell’Africa e io ho sempre detto ai dirigenti ‘basta che mettiate 3.000 euro all’anno nel vostro bilancio e possiamo aiutare molti Paesi’. Ma niente non ho riscontri, non ho reazioni".
Identità apartitica - Tendere ad una polis autentica
“La vita all’interno dell’associazione e gli interessi politici sono due ambiti che devono stare assolutamente separati. Bisogna difendere l’associazione da chi vuole allungare la mano sul volontariato in generale e sull’Avis. Non mi piace per niente che ci siano presidenti politicizzati. Il dirigente deve avere la mente sgombra dalla politica… anzi dai partiti. Il presidente attuale della nostra regione è candidato alle elezioni per diventare governatore e mi ha chiamato due o tre volte dicendomi ‘insomma lei presidente potrebbe darci una mano…’ . Sai io cosa gli ho risposto? Gli ho detto ‘ti conosco da quando avevi i pantaloni corti, ti ho mandato a quel paese tante volte, evita di costringermi a mandartici un’altra volta".
"I soci non devono sfruttare l’associazione per propri fini partitici. Io nella mia esperienza personale non ho trovato conflittualità quando ero dirigente avisino ed ero in contemporanea appartenente ad un partito e ad una amministrazione pubblica. Quello che però non dovevo assolutamente fare – e ho la coscienza tranquilla perché non l’ho effettivamente fatto - era fregiarmi dell’appartenenza associativa per arrivare a quei livelli in politica. Chi mi ha fatto entrare nell’amministrazione pubblica aveva capito che chi ha un bagaglio in termini di impegno sociale sul territorio ha qualche elemento in più per lavorare bene. Le due cose quindi non sono per definizione in contraddizione, ma è molto importante saperle gestire bene e con coerenza".