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RAPPORTO DONATORE-DIRIGENTE

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Fiducia e sfiducia tra gli interlocutori, ambiguità e chiarezza dei messaggi diventano elementi decisivi
nella comunicazione proprio allorché i rapporti tra gli organismi non avvengono più sulla base di semplici segni
di umore, che producono una risposta automatica, ma sono mediati da forme espressive che esigono un’interpretazione
B. GIACOMINI
Trovarsi insieme è un inizio, restare insieme un progresso… lavorare insieme un successo.

L’incontro tra socio donatore e socio dirigente sottende complessi processi relazionali e di gestione delle attese e delle aspettative reciproche che richiama alcune questioni fondamentali:
In che modo si pone il socio dirigente rispetto agli altri soci donatori?
Quali canali di comunicazione vengono attivati?
Come vive il socio donatore la relazione con il dirigente?
In quali forme si mantiene vivo il senso di partecipazione ad un agire comune?

LE VOCI DAL CAMPO

Il rapporto con i dirigenti non esiste, non so neanche chi siano sinceramente.
La cosa che legittima ancora di più il concetto che donare sia una pura e semplice iniziativa personale è il fatto che quando inizi a donare, alla tua azione non viene dato risalto: io mi ricordo la prima volta che sono venuto qua, ero contento di aver donato, ma ero anche un po’ deluso perché come ero entrato uscivo.

Io un problema che sento tanto è la scarsa capacità di far partecipare tutti i soci: all’assemblea comunale difficilmente partecipano tutti i donatori perché non si sentono associati, entrano in Avis per donare e basta. Ci sono invece dei momenti in cui è richiesto al donatore di esprimersi. E solo l’espressione della sua volontà porta ad una gestione davvero democratica dell’associazione.
Altrimenti si finisce per essere sempre i soliti dieci, che parlano tra di loro, decidendo in gruppo ristretto chi fa il segretario. Quando poi finiscono i due mandati e non si può più essere presidente, si rimescolano le carte, ma le persone sono sempre le stesse.
Avis alla base è molto varia: i donatori presentano una diversità, una ricchezza e una varietà straordinaria, mentre spesso in altre associazioni i soci sono un po’ più omogenei. Il peccato però è che questa diversità non arriva e non viene mantenuta a livello dirigenziale.

LE DIMENSIONI IN GIOCO

Consapevolezza Una questione di conoscenza reciproca

"Secondo me la dirigenza in Avis ha il ruolo di gestire aspetti meramente organizzativi e pratici, per così dire ‘aziendali’ e di processo della struttura. Non c’è una particolare attenzione nei confronti del donatore se non con dei messaggi ‘istituzionali’. Non si percepisce un’attività strutturata in questo senso. Magari perché esistono poche risorse umane ed economiche e quindi i dirigenti si concentrano su quelle che sono fondamentalmente le attività utili a mantenere in piedi l’associazione".

“Ciò che mi ha portato a fare il passo da semplice donatrice a persona impegnata nella vita associativa è stato il contatto diretto con il presidente della mia Avis comunale, che conoscendo anche la mia storia e il mio impegno in ambito sociale in senso più ampio, ha cercato di inserirmi nel contesto Avisino. Mi ha fatto comprendere che la donazione del sangue ha alle spalle un’organizzazione che ha l’obbligo di essere capillare, precisa, rigorosa. È stata l’idea di poter dare un supporto in questa direzione che mi ha stimolato".

Comunicazione Lo scambio che va oltre le parole

"Ogni tanto mi mandano una mail di informazione abbastanza interessante e che ricevo con periodicità. Questo è sicuramente un modo per mantenere costante e viva la relazione, ma non basta. Infatti il dirigente dovrebbe aiutare il donatore ad avere una conoscenza più approfondita delle implicazioni della donazione, delle necessità di sangue esistenti, o ancora dell’utilizzo che viene fatto del sangue che dona, della struttura e del funzionamento dell’associazione. Questo sarebbe sicuramente un modo anche per dare più importanza al gesto
che il donatore fa. Io, per fare un esempio banale, so che dal sangue ricavi una serie di ‘prodotti’ medici che poi vengono utilizzati in modo diverso, ma è una cosa che conosco non perché me l’hanno spiegata".

“Questo per dire che esiste una buonissima comunicazione tra noi donatori e i dirigenti. È proprio una relazione basata sul rapporto di amicizia. Per quanto riguarda i livelli comunale e provinciale sono in ottimi rapporti con i dirigenti e non c’è quel distacco che esiste tra il superiore e il dipendente all’interno dei normali contesti lavorativi. Perché in Avis sia il socio donatore sia il socio dirigente si sentono coinvolti nell’unico obiettivo della donazione e della salvaguardia della salute. Esistono in concreto momenti istituzionali di scambio con le riunioni che sono per lo più finalizzate alla discussione di argomenti specifici, e poi per quanto mi riguarda, quando
ho del tempo a disposizione, passo in sede a salutare per sapere se va tutto bene e per scambiare qualche idea".

Coinvolgimento Creando una qualche forma di solidarietà

"Inizialmente, da bravo dirigente, mandavo ai donatori la relazione morale lunga due pagine. Invece in questo ultimo mandato in una sola pagina ho scritto tutto il resoconto, gli obiettivi raggiunti e quelli degli anni a venire. Faccio la lista della spesa. È brutto dirlo ma è così, perché col tempo ho scoperto che quando spedisco le relazioni a casa nessuno le legge, quindi è inutile scrivere 3 o 4 fogli: chi ha intenzione di informarsi si informa comunque. Mi è capitato di chiedere a qualche donatore se aveva ricevuto ciò che avevo mandato loro, ma la risposta era sempre: ‘ah sì, ho visto, ma no, non ho letto’. Quindi mi sono messo l’anima in pace e non ci spreco neanche più le parole".

“Mi è capitato una volta un donatore che si è arrabbiato perché non lo chiamavamo costantemente ogni tre mesi.
Quando l’ho contattato in ritardo era sinceramente molto irritato. Lui ci tiene: per lui non essere chiamato è un’offesa.
Gli ho spiegato con calma che tendiamo a chiamare in base alle esigenze e che, essendo aumentato il numero dei donatori, può succedere che a volte ‘slittiamo’ con i tempi. Alla fine mi sono accordata con lui promettendogli che ogni tre mesi lo avrei contattato. E da quel giorno effettivamente sono stata sempre puntuale e lui è soddisfatto e contento".

Crescita Diventare generativi

"La cosa peggiore è che ci sono molti soci a cui piace donare, ma a cui non interessa per nulla la vita associativa. Questo da ancora più spazio a quei dirigenti che non hanno nessuna intenzione di lasciare il proprio posto facendo crescere qualcun altro. Ci sono persone quindi che fanno i padri padroni nelle loro sedi. E tutto questo comporta una fortissima cristallizzazione di AVIS : una grande difficoltà a stare dietro ai cambiamenti sociali e demografici… siamo indietro di 20 anni insomma!".

“La mia è un’Avis piccola, ha 150 donatori iscritti, le potenzialità del territorio però, secondo me sarebbero maggiori.
Infatti abbiamo 6.500 abitanti su tutto il territorio comunale che è diviso in nove frazioni. Per noi è un po’ problematico andare nelle diverse frazioni a fare promozione, un po’ perché siamo in una posizione collinare, distante da tutte le altre e poi perché sulla carta nel direttivo siamo in 10 ma nella realtà lavoriamo in 3. Quello che voglio dire è che potenzialità ce ne sarebbero, peccato che noi contiamo 150 donatori e facciamo 150 donazioni l’anno, considerando anche che c’è gente che dona 4 volte l’anno! Quando noi facciamo le telefonate di routine per invitare i soci a donare, molti di loro ci dicono che non vogliono essere disturbati più di tanto. Ci dicono ‘io sono iscritto, non mi disturbate, io vengo a donare quando voglio".

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RAPPORTO DONATORE - DIRIGENTE

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