RAPPORTO DIRIGENTE-DIPENDENTE
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Nella vita articolata dell’associazione sono presenti posizioni diverse e anche interazioni scandite da contratti lavorativi ed operativi. La riflessione relativamente a questi aspetti apre lo spazio ad alcuni importanti interrogativi: su che cosa si basano le dinamiche di comunicazione, condivisione, confronto tra i soci dirigenti e i collaboratori? Quali sono le attese e le aspettative reciproche? Quali sono le modalità di gestione quotidiana dei diversi ruoli e dei differenti rapporti con l’associazione?
LE VOCI DAL CAMPO
Noi abbiamo messo a disposizione nel nostro sito una pagina web per ogni sede. Oggi ci sono alcune sedi che hanno la pagina aggiornata al 2009. E noi abbiamo mandato spiegazioni sulle modalità di accesso e di gestione, ma nonostante questo non c’è stato nessun cambiamento.
Non è banale il rapporto che noi abbiamo con i dirigenti anche perché dobbiamo gestire dinamiche relazionali con persone diverse che cambiano continuamente: i dirigenti cambiano noi rimaniamo sempre, siamo i punti di riferimento, i primi interlocutori… siamo noi dipendenti che diamo continuità ai progetti anche nel periodo di cambio della dirigenza.
A me piacerebbe avere un bagaglio informativo un po’ più ampio: i donatori chiedono moltissime informazioni anche sui diversi tipi di donazione e quindi è importante che io sappia rispondere sempre. Più ho informazioni, più posso comunicare con il donatore. Questo vale sia per noi dipendenti sia per i dirigenti.
LE DIMENSIONI IN GIOCO
Conoscenza e definizione degli ambiti professionali Ascolto e organizzazione
"A volte percepisci proprio che ci sono alcuni consiglieri che non sanno neanche chi sei e cosa fai. Capita spessissimo infatti che i dirgenti chiamino in sede e chiedano della persona sbagliata. Per carità facendo un mea culpa, succede anche al contrario: noi non riusciamo a capire cosa facciano alcuni consiglieri, li vediamo alle Assemblee ma non sappiamo bene che ruolo abbiano e che compiti svolgano".
"Negli anni ’90 quando è uscita la legge sul volontariato è nata la necessità di definire i ruoli all’interno dell’associazione. Con l’allora presidente regionale decidemmo di approfondire l’argomento e organizzammo una serie di corsi di formazione preparati in modo accurato grazie ai quali abbiamo stabilito ruoli e funzioni ed individuato le possibili sovrapposizioni e già da allora abbiamo quindi delineato precisamente i ruoli sia del dipendente sia del dirigente. Tutto questo ha favorito l’organizzazione del lavoro e ha facilitato la possibilità di delegare".
"Un cosa che io ho sempre cercato di fare è quella di non trattare i dipendenti come se fossero volontari: è importante separare l’impegno che metto io come volontaria dal lavoro di coloro che hanno un rapporto contrattuale con l’associazione. Per loro è un lavoro ed è giusto rispettare questa cosa. Invece spesso ai dipendenti viene chiesta una flessibilità che non è dovuta, che può essere apprezzata ma non scontata. Non è giusto chiamarli nel fine settimana, la sera ecc. O quantomeno, se si decide di farlo, è necessario prendere un accordo con il dipendente stesso. È come se il volontario si sentisse qualitativamente migliore rispetto al dipendente".
Co-progettazione La valorizzazione della complessità
"Il dipendente non viene consultato quando ci sono da prendere delle decisioni o da apportare dei cambiamenti. Noi non abbiamo un rapporto diretto con i nostri dirigenti, noi loro li sentiamo per la prenotazione dell’albergo, per la trasferta e quant’altro, non abbiamo uno scambio di idee e momenti di consultazione. In realtà dovrebbe funzionare in un altro modo: il dirigente dovrebbe gestire le cose a livello politico-associativo, ma puntare sul dipendente demandogli compiti e attività. Lasciando spazio e autonomia sulla base di direttive".
"Manca il confronto: i progetti ci sono, ma è come se venissero un po’ calati dall’alto improvvisamente. Sarebbe bello trovarsi a tavolino con il presidente o il segretario per prendere insieme le decisioni e per metterci d’accordo su come agire. Invece le decisioni vengono prese in un’altra sede e poi ci vengono trasferite e comunicate attraverso una chiamata. Vediamo quindi direttamente il verbale delle decisioni prese e ne prendiamo atto. Questo non ci consente di comprendere a pieno le motivazioni e i processi di pensiero che stanno alla base. Il confronto diretto sarebbe quindi importante, soprattutto nei progetti più complessi, dove è fondamentale avere una visione di insieme completa e essere a conoscenza di tutte le informazioni. Faccio un esempio: qualche anno fa per il progetto X ci siamo appoggiati a consulenti esterni che seguivano e portavano avanti i lavori. Noi ricevevamo richieste di informazioni da parte delle sedi, ma non riuscivamo a dare a pieno le informazioni perché la cosa ci era stata calata dall’alto ed era stata assorbita da questi consulenti".
Condivisione e delega Una questione di fiducia reciproca
"C’è un bel rapporto di amicizia e di fiducia con i consiglieri comunali e provinciali. Tanto è che quando è necessario essere presenti a iniziative ed attività se non può andare il nostro presidente regionale, vado io e non cambia quasi niente per le Avis comunali. Questo perché tra di noi c’è un buon passaggio di informazioni e per le sedi l’importante è avere un rappresentante regionale preparato. Capita anche spesso che alla base conoscano di più me che gli altri consiglieri regionali".
"Io ho fatto parte del gruppo che ha redatto il bilancio sociale. In quell’occasione gran parte del lavoro è stata fatta da un dipendente. Il gruppo di lavoro è stato gestito da entrambe le parti, c’era quindi una delega precisa data al dipendente. La divisione dei compiti e delle attività è stata fatta in maniera equilibrata e condivisa. C’è da riconoscere anche che il dipendente, che è lì da più tempo, spesso conosce anche meglio molte cose rispetto al dirigente al primo mandato. Non mi sentivo per questo motivo di avere un ruolo più elevato rispetto al suo, è stato un lavoro di condivisione e dialogo".
Formazione e crescita personale Riconoscersi riconoscendo
"Adesso stiamo facendo le telefonate per la piastrinoferesi e io ho chiesto informazioni specifiche in modo da poter avvisare correttamente le persone che devo chiamare e che andranno a donare le piastrine. Giustamente loro ti chiedono informazioni e chiarimenti e tu devi essere in grado di rispondere pienamente. Io ho parlato anche con il dirigente relativamente alla possibilità di fare dei corsi di formazione e aggiornamento sulle chiamate. Perché è vero che la chiamata è una cosa personale e ognuno ha il suo stile, però torna utile anche avere delle linee guida che ti consentono di agire nella piena consapevolezza con migliori risultati per te stesso e per l’interlocutore".
"L’associazione non è più fatta solo da persone volontarie che dedicano il loro tempo ad una causa nobile, ma la vita associativa richiede sempre più competenze e conoscenze specifiche sia ai dirigenti sia ai dipendenti: bisogna avere sempre più dimestichezza dell’aspetto sanitario, amministrativo, giuridico ecc. Anche per i dipendenti è aumentata la richiesta di conoscenze soprattutto relativamente al funzionamento organizzativo e alle normative. Quindi mi viene da dire, se ci fosse la possibilità per noi dipendenti di fare formazione sarebbe importante perché noi facciamo da filtro e parliamo con i dirigenti locali che chiedono ad esempio ‘quale documento mi serve per andare in regione piuttosto che in banca ecc… e queste cose qua noi le impariamo solo sul campo".