IL DONO TRA INDIVIDUO E COLLETTIVITÀ
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Il donatore compie questo gesto perché lo vuole fare spontaneamente, è un gesto assolutamente intimo e individuale. Quindi il fatto che ci sia un controllo medico come ‘restituzione’ mi sembra già una cosa più che sufficiente.
Non mi passerebbe mai per la testa di chiedere qualcosa all’associazione. Ad esempio io ho cercato di evitare l’elettrocardiogramma qua in Avis spiegando che, facendo attività sportiva e avendo il tesserino agonistico, lo faccio già tutti gli anni per conto mio, per cui ho detto ‘evitiamolo’. Insomma, bisognerebbe fare tutto ciò che è in nostro potere per gravare meno sull’associazione proprio per lo spirito che c’è dietro.
Il gesto della donazione tende a dipendere esclusivamente dalla volontà del singolo. Per cui io vado a donare perché da solo decido di farlo, e non perché ricevo particolari sollecitazioni.
La cosa che legittima ancora di più il concetto che sia una pura e semplice iniziativa personale è il fatto che quando inizi a donare, alla tua azione non viene dato risalto: io mi ricordo la prima volta che sono venuto qua, ero contento di aver donato, ma ero anche un po’ deluso perché come ero entrato uscivo.
Quello della donazione è un gesto molto importante, e non mi fraintendete, è giusto che rimanga nella sfera della normalità e che non venga assolutamente enfatizzato nulla.
Non c’è stato però niente che mi abbia fatto rendere conto di essere entrato a far parte di un ambiente che si impegna attivamente nel volontariato.
Io mi aspettavo qualcosa di diverso, un’accoglienza differente, invece sono entrato, ho donato, ho compilato dei documenti e me ne sono andato via.